Buongiorno di nuovo a tutti i nostri affezionati utenti virtuali!
Oggi vi condurremo a fare un giro nella bella ed amata città di Ascoli, usando un mezzo tanto insolito quanto suggestivo, la documentazione del catasto.
In generale può essere definito uno strumento per la descrizione, la misura e la stima dei beni immobili appartenenti a singoli individui o ad enti ed istituzioni, ma costituisce anche una fonte utile per comprendere l’evoluzione della distribuzione della ricchezza, le modificazioni del territorio, l’utilizzo dei terreni e dei fabbricati, per una ricostruzione storica delle aree urbane e rurali.
L’Archivio di Stato di Ascoli Piceno conserva, oltre ad antichi registri catastali dal XIV al XVIII secolo, le mappe del territorio di Ascoli e Fermo realizzate nel corso del XIX secolo e facenti parte del cosiddetto Catasto Gregoriano, il primo catasto geometrico-particellare dello Stato Pontificio, promosso da Pio VII nel 1816, ma attivato nel 1835 da Gregorio XVI da cui prese il nome.
La sua realizzazione comportò la misurazione dei beni fatta da esperti secondo criteri geometrici, operazione preceduta dalla suddivisione del territorio in particelle, seguita dalla elevazione di carte per il riscontro topografico e riportanti la raffigurazione di ogni singola particella di terreno e di fabbricato. Le mappe realizzate in scala 1:2000 erano prodotte in più esemplari: una originale, costituita da fogli rettangoli uniti a formare una mappa di dimensioni ragguardevoli e una copia in fogli rettangoli sciolti, numerati e accompagnati da un quadro d’unione.
Vi presentiamo qui il foglio XIII della mappa catastale di Borgo Solestà, noto quartiere di Ascoli Piceno, in scala 1:2000 ed orientata verso nord, copia disegnata e acquerellata dell’originale conservato presso l’Archivio di Stato di Roma, elevata presumibilmente intorno al 1821 e dove, malgrado il precario stato di conservazione, si possono ancora “leggere” delle emergenze territoriali ed architettoniche che caratterizzano la zona, che percorriamo nel nostro giro virtuale:
s’intravede la scritta “Ponte” ad indicare il ponte romano di età augustea che, partendo da Porta Solestà, collega le due sponde del fiume Tronto; al di là del ponte ecco lo slargo dove si può ancora ammirare il lavatoio pubblico di Ascoli, risalente al XVII secolo detto anche Fonte di Sant’Emidio, in quanto una leggenda vuole che Emidio si procurò l’acqua, necessaria per battezzare, battendo un sasso da cui fece sgorgare la sorgente che alimenta questa fonte.
Se si segue la linea dell’attuale via Tucci, si individua la pianta ottagonale del tempietto di Sant’Emidio Rosso, un altro sito religioso dedicato al patrono di Ascoli Piceno.
La via a sinistra del ponte è l’attuale via San Serafino da Montegranaro che porta all’antico complesso conventuale di Santa Maria in Solestà, poi intitolato a San Serafino, conosciuto anche come chiesa dei Cappuccini perché affidata ai Frati Minori Cappuccini nel 1569 e dove visse e morì padre Serafino canonizzato nel XVIII secolo.
L’area confinante con il Convento, alla fine degli anni Cinquanta del Novecento, vedrà la realizzazione dell’Archivio di Stato…ma questa è storia recente.
A risentirci presto e continuate a seguirci!
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